Gallarate black in




Uno che nasce e uno che muore.

È’ sempre così.

Uno non verrà battezzato, l’altro porterà il figlio in politica. Per discendenza.

Svuoto tutto l’armadio in fretta, ho mezz’ora e non sono più abituata ad uscire, e non so cosa mettermi.

Vengono tutti vestiti di nero ai matrimoni, figuriamoci ai funerali. Facevo ridere con il mio cappottino rosa, l’abito borgogna e le scarpe a coda di coniglio. Se avessero saputo che nel mentre avevo perso anche la suola! 

Sembra una barzelletta, per me che detesto dogmi, convenevoli e circostanze. Eppure nel marasma divento frivola per qualche ora. Il tempo di tornare a casa e mandarmi a quel paese.

È’ inutile, non riesco a non essere profonda. 

L’abito non fa la manager, tuonavo a Pavia. Questi capi supremi con gli occhi esterrefatti e beffeggianti.

Eppure… 

Il gallaratese rimane sciapo, è’ inutile. Per quanto si impegni, la fretta non è’ mai consigliera.

Ci vuole calma, pazienza, sangue freddo. Una voce che trema mentre manda l’ultimo saluto, che ti fa ricordare a quanto le aspettative interiori siano forti e quanto poi ti venga la forza per soddisfarle quando ormai è’ troppo tardi. Ma quando è’ tardi?

Dai giornali non si fanno attendere, e Niccolo’ ha la bocca più piccola del ciuccio. 

Che amore, un arietino innocuo che ci metterà tutti in riga. Niccolo’, nessuno poi userà la doppia C, già sai. 

Ti regalerò il mio pianoforte perché la mano è’ già tua.




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